La muerte de Paola Clemente: esclavitud en la Europa del s. XXI.

(Disponibile in italiano sotto)

   Una italiana ha muerto recogiendo uvas a menos de dos euros la hora. El calor y la fatiga han conseguido provocar un infarto a Paola Clemente, que acaba con sus 49 años de vida y deja huérfanos a tres hijos y viudo a Stefano Arcuri. Su marido explica a los medios que Paola dedicaba 13 horas diarias al trabajo, contando las tres del viaje, para ganar 27 euros. Muy poco dinero, “pero para nosotros ese dinero era muy importante, absolutamente indispensable”.

Quizá su noticia trascienda algo más por el hecho de ser italiana. Si fuera “extracomunitaria” su muerte estaría más asumida en la región y en Europa. Total, “sobraba”, y “sabía a lo que venía”. Las italianas son, ahora, más proclives a la explotación porque los extranjeros protestan y se rebelan; además, las mujeres son más fáciles de someter, a ojos de quien las recoge en plazas a las tres de la mañana para llevarlas al campo.

Los responsables últimos de la muerte de Paola Clemente mantienen un sistema de explotación que exprime a quienes sólo tienen su cuerpo y sus manos para presentarse ante el mercado laboral. Y quien no tiene un hueco en este desesperado escenario de lucha por un salario, engrosa todo un ejército de reserva de trabajadores en paro, con el que se especula debidamente para lanzar en picado los sueldos.

Para reafirmar esta maquinaria, saben apuntalar dicho sistema financiando voceros mediáticos, académicos y empresariales, que generan todo un corpus jurídico, un argumentario de defensa, batallones de miles de propagandistas que, de forma más o menos directa, inyectan entre la población la aceptación de este orden socioeconómico. Incluso convencen a quien lo sufre de que es lo que le ha tocado vivir, y que si se esfuerza, saldrá de la situación que padece. Algún día llegarán tiempos mejores.

Aquellos responsables últimos, tranquilamente, con dos llamadas, pondrán a funcionar a su ejército de apologetas del neoliberalismo. Vendrán sus periodistas, sus académicos y sus “coach” a explicarnos que Paola ha muerto extenuada porque no quiso emprender, no se esforzó lo suficiente y no persiguió sus sueños.  Es más, afirmarán que el dueño de la tierra y el caporal son los que generan empleo, y Paola debía de estar contenta por su sueldo de 2 euros la hora. “Menos da una piedra”. A lo sumo, dirán que es un abuso puntual, no un problema global.

Maldiciendo todas y cada una de las palabras argumentadas por estos mensajeros del crimen, debemos exigir Justicia para Paola Clemente y, con ello, para toda persona que sufre día a día estas condiciones de esclavitud en el s. XXI. Nos seguiremos rebelando contra este sistema, llamando por su nombre y apellidos a quienes exprimen al verdadero motor económico de la sociedad, los que de verdad construyen los cimientos, estructura y decoración de nuestro devenir diario: aquellos/as que necesitamos el trabajo para sobrevivir en este modelo productivo. No quienes especulan con nuestro esfuerzo para alimentar y perpetuar esta maquinaria.

    No leerás un Je Suis Paola, Io sono Paola, Yo soy Paola, I´m Paola… No abrirá los diarios ni los telediarios mundiales. Ni europeos. Por eso escribimos estas líneas. Tampoco leíste un Je suis Mor Sylla la semana pasada. Son “accidentes”, no problemas sistémicos.

Nota: La noticia de la muerte de Paola Clemente la podemos leer en el diario italiano La Repubblica.  En castellano, publicada por ABC.

Versione italiana: 

La morte di Paola Clemente : la schiavitù in Europa s . XXI

     Una italiana é morta mentre raccoglieva uva per meno di due euro l’ora. Il caldo e la stanchezza hanno provocato un infarto a Paola Clemente, che muore con i suoi 49 anni lasciando orfani di madre a tre figli e vedovo a suo marito Stefano Arcuri. Suo marito spiega che Paola dedicava 13 ore al giorno al lavoro, considerando le 3 ore di viaggio. Tutto ció pero guadagnare 27 euro. Certamente pochissimo, “peró per noi questi soldi erano molto importanti, assolutamente indispensabili” racconta Stefano.

Forse questa notizia  ha fatto scalpore perché Paola era italiana. Se fosse stata “extracomunitaria” la sua morte sarebbe stata sottovalutata tanto nella regione come in Europa. “Vabbé sapeva dove si metteva”, “ce ne sono tanti…”. Le braccianti italiane invece sono adesso considerate piú idonee allo sfruttamento perché gli stranieri protestano e si ribellano; le donne sono piú facili da sottomettere e sono piú affidabili agli occhi di chi le va a prendere tutti i giorni della settimana nella piazza alle 3 del mattino per portarle in campagna.

I responsabili ultimi della morte di Paola Clemente mantengono un sistema di sfruttamento che schiavizza le perone che hanno solo il loro corpo e le sue mani da offrire nel mercato del lavoro. E chi non trova posto in questo disperato scenario di lotta per un salario, va ingrossando un’ampia schiera di forza lavoro disoccupata con cui speculare per far cadere in picchiata i salari.

Chi fa eco rafforzando questo sistema sono gli accademici e i media impresariali che generano un corpus giuridico, con una base di argomenti che servono a consolidarlo. Battaglioni composti da mille propagantisti che, direttamente o no, iniettano tra la popolazione la accettazione di questo ordine socioeconomico. Addirittura riuscendo a convincere a chi soffre e subisce il sistema che la sua situazione in fine é… quello che gli é toccato viviere, e che se si sforzano potranno uscirne. Che ci saranno tempi migliori.

Quei responsabili utlimi tranquillamente faranno un paio di chiamate, metteranno in moto il loro esercito di apologeti del Capitale, del neoliberalismo. Arriveranno i loro giornalisti, i loro accademici, i loro coach a dirci che Paola é morta estenuata perché non aveva aspirazioni, perché non si é sforzata abbastanza e non ha rincorso i suoi sogni. Ancora di piú, affermeranno che il padrone della terra e il caporale creano lavoro e Paola doveva essere contenta del suo salario di 2 euro l’ora. “Meno di una pietra”. Alla fine, diranno che si é trattato di un abuso sporadico, di un tragico incidente… non di un problema generalizzato.

Maledicendo tutte le parole argomentate da questi messaggeri del crimine, dobbiamo esigere giustizia per Paola Clemente e per tutte le persone che subiscono questi soprusi, questa schiavitú del XXI secolo ogni giorno della loro vita. Continueremo a ribellarci contro questo sistema, chiamando per nome e cognome gli assasini che sfruttano al vero motore economico della societá, que sfruttano chi veramente costruisce le fondamenta della nostra quotidianitá: quelli che abbiamo bisogno del lavoro per sopravvivere in questo sistema produttivo; e non quelli che speculano con i nostri sforzi per alimentare e perpetrare questa macchina.

Non leggerai un Je suis Paola, Io sono Paola, Yo soy Paola, I’m Paola… La storia di Paola, non aprirá i telegiornali mondiali, né europei. Per questo scriviamo queste linee.

Non hai letto neanche un Je suis Mor Sylla la settimana scorsa. Sono incidenti, non problemi sistematici.

Nota: La notizia della morte di Paola Clemente la possiamo leggere nel quotidiano italiano La Repubblica. In spagnolo é stata pubblicada dall’ ABC.

Traduzione a cura di Rossella Ciacco

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